La pigrizia è una specie particolare di testardaggine. Io sono pigro e testardo. Potrei dire solo che son testardo, ma dico invece che sono pigro e testardo perché i pigri sono testardi particolari. Dire che si è pigri e testardi è un modo per affermare un certo tipo di unicità.
Essere pigri non è intestardirsi a voler restar fermi a far nulla, sia chiaro. La pigrizia è una specie particolare di testardaggine ma non è indolenza o intolleranza verso il movimento, l’azione. La pigrizia è piuttosto quel tipo particolare di testardaggine propria degli esseri che detestano mettersi in moto o, ugualmente, fermarsi. Il pigro è un testardo particolare perché di questa inappetenza a iniziare le cose, o a terminarle, ne fa una suprema ragione di vita, un modo di essere.
Non è perciò l’azione in sé che scombina il pigro e ogni impedimento, reale o immaginario, ogni ricerca andata a buon fine di un motivo che possa sconsigliare di mettersi in moto, ogni ostacolo che si frapponga fra esso e l’azione, diventa per il pigro una fonte di sollievo e contentezza. Il pigro trova soddisfazione nel non iniziare quando gli altri nel contrario.
Queste considerazioni assalgono il pigro quando è in viaggio. Il viaggio, per il pigro, è una ricerca di motivazioni contrarie andata male. Per il testardo una sconfitta senza rivincita. Quando un pigro è in viaggio, egli resterebbe così per sempre solo perché, il fastidio procurato dal dover decidere, prima o poi, di fermarsi, lo ucciderebbe.